Il Duomo, ex Cattedrale, essendo stata sede vescovile dal 1086, è  dedicato alla Madonna Assunta e conserva la preziosa reliquia del santo protettore del paese, S. Pantaleone. Tale reliquia  è costituita dal sangue versato dal martire quando fu ucciso (secondo la tradizione durante la persecuzione del 305 d.C.) a Nicomedia), conservato in un’ampolla e soggetto a liquefazione nel giorno anniversario del suo martirio, il 27 luglio.

Dal punto di vista architettonico, questa struttura mostra molte fasi edilizie che un attento restauro, durato decenni, ha tentato di studiare e di identificare nei risultati architettonici prodotti.

A croce latina, a tre navate, la chiesa absidata mostra un impianto composito con andamento ascendente del piano di calpestio, simbolo dell’ascesa del fedele a Cristo, rappresentato dall’altare.

Le navate sono divise da archi a tutto sesto poggianti su colonne con capitelli di spolio.

Il transetto, sopraelevato rispetto all’assemblea, presenta nell’abside centrale un altare di marmo policromo, preceduto da quattro scalini, seicentesco, ed un altare, di tipo postconciliare, costituita da un sarcofago di epoca medievale (1362), con iscrizione dei nomi dei primi otto vescovi ravellesi.

La copertura delle navate è a capriata lignea a vista per quella centrale e due mezze capriate cementizie per le laterali; il transetto è coperto, invece, da una volta a botte lunettata, interrotta nella parte centrale da una cupola a scodella.

Tutto il transetto presenta le decorazioni di epoca barocca realizzate nel XVIII secolo (anche la parte fu ristrutturata in forme barocche, che il restauro ha rimosso).

L’abside destra accoglie l’altare in marmo del 1795, decorato da una maestosa pala rettangolare che mostra l’Arcangelo Michele mentre colpisce il demonio, opera del 1583 di Giovan Angelo D’Amato di Maiori e qui portata dalla Chiesa di S. Angelo dell’Ospedale.

Nell’abside centrale una nicchia contiene la statua lignea della Madonna Immacolata, settecentesca, mentre l’abside sinistra fu ampliata per far posto alla costruzione della Cappella, la cui costruzione  fu decisa nel 1617 dal vescovo Bonsio per accogliere la reliquia del Santo, fino ad allora custodita sull’altare maggiore.

In questa cappella, terminata di realizzare nel 1643, un grande altare di marmo contiene, al di sopra del Tabernacolo, un piccolo vano dove è posta, tra due grate, l’ampolla con il sangue di San Pantaleone, medico e martire, molto venerato nella Chiesa Ortodossa (non è raro trovare gruppi di fedeli ortodossi che venerano San Pantaleone con inni e preghiere). L’altare è decorato da una tela, opera del genovese Geronimo Imperiale del 1638, che ritrae S. Pantaleone legato ad un tronco di olivo ed il sacerdote Ermolao (colui che convertì il santo, prima pagano, al cristianesimo), e due tele più piccole, ai lati, che ritraggono S. Barbara e S. Tommaso Apostolo.

Il sottarco d’ingresso alla Cappella è diviso in riquadri dove sono affrescate scene della vita del santo.

Oltre alle tele finora descritte, tre preziose opere d’arte decorano l’interno del Duomo: le porte bronzee, l’ambone Rogadeo e l’ambone Rufolo.

La porta bronzea è costituita da cinquantaquattro formelle, recentemente restaurate,  disposte sui due battenti ed incorniciati da motivi geometrici; delle formelle quarantadue presentano figure (dalla Maiestas Domini alla Deposizione dalla Croce, all’albero della vita, alla Madonna col Bambino, ecc.). Una formlla, invece, informa il visitatore che l’intera struttura, risalente al 1179, fu dono del nobile Sergio Muscettola. Tale porta fu creata a fusione dall’artista tranese Barisano di Trani e viene considerata una delle prime ad essere stata creata con questa tecnica.

L’ambone Rogadeo, dal lato sinistro della navata centrale, prende il nome dal suo offerente, il vescovo ravellese Costantino Rogadeo, e risale a  non più tardi del 1150 (Rogadeo fu infatti vescovo dal 1095 al 1150). La decorazione, a mosaico, è definita su due registri: in quello inferiore il motivo dell’eternità divina è reso mediante due dischi di porfido circondati dalla spirale continua ottenuta con tessere marmoree quadrate; nella parte superiore la scena musiva riproduce l’episodio biblico di Giona, mangiato e poi vomitato da un mostro marino, simbolo della Resurrezione di Cristo. Tutto l’ambone è un inno alla Resurrezione: la storia di Giona, prefigurazione di Cristo, il vuoto centrale che simboleggia la tomba vuota di Cristo e i due uccelli ai lati del vuoto centrale, arabe fenici, uccelli che risorgono dalle loro ceneri.

Secondo alcuni studiosi l’ambone Rogadeo si trovava originariamente sull’altro lato, dove ora sorge l’ambone Rufolo, ma in realtà solo pensandolo nella posizione attuale la storia di Giona ha un collegamento con la funzione della proclamazione del Vangelo.

L’ambone Rufolo, invece, nella navata opposta, è una costruzione più articolata, poggiante nella parte della balaustra su colonne, con capitelli di scuola francese, sostenute da sei leoni marmorei, ripresi nell’atto di camminare; dono del nobile Nicola Rufolo, opera nel 1272 da Nicola Bartolomeo da Foggia, mostra una decorazione musiva spettacolare non solo nella balaustra, dove appaiono la Vergine Odigitria, cioè che indica con una mano il Bambino tenuto in braccio (il pulpito è dedicato alla Madonna) e gli stemmi della casata dei Rufolo, circondati dai gigli angioini (segno del legame stretto della famiglia Rufolo con la casa regnante), ma in ogni elemento architettonico, che appare impreziosito da motivi geometrici e figurativi (le arabe fenici alla fonte), che rimandano spesso all’immagine del giardino, simbolo del Paradiso. Da notare la presenza dell’aquila come sostegno per il libro evangeliario, da ricollegare alla tradizione che l’aquila è l’uccello che, quando sente appressarsi la morte, vola in alto verso il sole e dalla sua luce trae la forza per rinascere, così come il cristiano guardando in Cristo e nel suo insegnamento, il sole, riceve una nuova vita.

La cripta, fuori terra, con copertura di volte a crociera, è adibita a museo.

Completa il duomo un campanile quadrato a tre registri con ampie bifore sui quattro lati definite dal motivo decorativo a laterizi; la coronatura è ad archetti di tufo ciechi su colonnine binate.