Il museo, dal 3 luglio 1983 nella Cripta del Duomo, sede dell’antica confraternita del Corpo di Cristo attiva dal 1696 al 1935, si compone di due sale di cui la principale, corrisponde alla Cripta vera e propria.
Risulta divisa in due navate da una fila di sei colonne, con capitelli di spolio, ed è preceduta da un ambiente più piccolo che rappresenta l’ingresso del museo e allo stesso tempo un primo vano di esposizione. In questa prima sala sono raccolti elementi architettonici di incerta provenienza e che testimoniano il frequente riuso di pezzi di età classica in strutture di epoca medievale.
Tra i pezzi più interessanti si possono ammirare una trabeazione marmorea a dentelli ed ovuli e una serie di urne cinerarie romane, recuperate presso chiese della zona, dove erano utilizzate come fontane.
La seconda sala raccoglie, invece, parti di antichi monumenti che decoravano il Duomo ma anche arredi sacri che testimoniano la ricchezza della antica Cattedrale.
Interessanti risultano le parti riconducibili all’antico Ciborio che, costruito al di sopra dell’altare principale, fu smontato in antico per le precarie condizioni strutturali e smembrato nelle varie parti. Del Ciborio, dono di Matteo Rufolo e opera di Matteo de Narna nel 1279, sopravvivono e sono qui conservati gli architravi, decorati da ornati musivi ad ispirazione vegetale, due colonnine, due capitelli e una scultura a tutto tondo, in marmo bianco, rappresentante un Agnus Dei contenuto in un cerchio con decorazione musiva e facente parte della copertura del ciborio stesso. Riconducibile all’ambone Rufolo un pannello a sei riquadri incorniciati da motivi musivi stelliformi e riproducenti elementi fitomorfi e gigli formi che deriverebbe dallo smontaggio dell’ambone.
Ta le opere più rappresentative del clima culturale dell’Italia Duecentesca c’è il cosiddetto busto di Sigilgaita Rufolo. Esso riproduce, nel marmo bianco, un volto femminile, ornato da un diadema che poggia su una acconciatura fissata alla nuca.
A lungo si è creduto che esso rappresentasse la moglie, Sigilgaida, del donatore dell’ambone del Vangelo del Duomo, Nicola Rufolo, opera quindi di Nicola di Bartolomeo da Foggia (1279) ma alcuni particolari, in uno con la nobiltà della rappresentazione, accentuata da un sorriso riconducibile al tipo greco arcaico, fanno propendere per la rappresentazione della Chiesa trionfante, tanto più che la presenza di orecchini di tipo barbarico allude alla funzione unificante della Chiesa.