La storia di Ravello, nei suoi aspetti civili, religiosi, economici e turistici, presenta una ricchezza unica che permette al visitatore di cogliere elementi unici. Non è possibile visitare Ravello senza un collegamento al ruolo che la città ebbe nei vari secoli con le sue luci e ombre, con i suoi periodi di grandezza e con quelli di decadenza, ma sempre con un ruolo importante nell’ambito del territorio amalfitano.

 

Storia Civile

Ravello, posta sul pianoro che divide la vallata del torrente Dragone da quella dove scorre il torrente Reginna, mostra intatte molte testimonianze della storia millenaria che l’ha vista protagonista con il Ducato di Amalfi sulla scena politica del Mediterraneo medievale.

La tradizione racconta che Ravello, come tutti gli altri centri della Costiera Amalfitana, risale all’arrivo di un gruppo di nobili romani, giunti qui in seguito al naufragio della propria nave lungo le coste della Dalmazia, avvenuto mentre si recavano a Costantinopoli. Ma le tracce archeologiche, anche se molto limitate, fanno pensare ad una frequentazione già in epoca classica con qualche villa, come se ne contano sulla costa.

La storia di Ravello acquista maggiore consistenza documentaria a partire dalla creazione della Repubblica marinara di Amalfi il 1° settembre 839, quando tutto il territorio intorno al centro costiero si riunì in Ducato.

La situazione mutò quando iniziò la semindipendenza del Ducato di Amalfi dal Regno Normanno (1073-1131), durante la quale si assistette ad un continuo sostegno da parte dei Normanni alle famiglie ravellesi più influenti per un controllo maggiore sulla nobiltà amalfitana. In questo periodo, oltre all’arrivo di uno stratigoto autonomo per la città di Ravello, Ruggiero favorì l’elevazione della città a Vescovado autonomo, direttamente dipendente dalla Santa Sede. Ma durante il periodo normanno ci furono due episodi che interessarono l’intero Ducato e che rappresentarono un momento di crisi; nel 1135 e nel 1137 i Pisani attaccarono il territorio e mentre nel primo episodio le truppe furono bloccate dalla poderosa costruzione difensiva di Fratte sul Monte Brusara e dall’arrivo dell’aiuto militare di Ruggiero, nel secondo episodio non si riuscì a fermare i nemici che devastarono il territorio.

L’epoca sveva (1194-1266) vide l’appoggio delle maggiori famiglie locali (i Rogadeo, i Frezza, i Bove e i Rufolo) a Federico II, ricevendone in cambio incarichi prestigiosi presso la corte. L’epoca angioina (1266-1398, anno di infeudazione del Ducato amalfitano) registrò la crisi più dura per l’intero territorio; la Guerra del Vespro, che scoppiata nel 1282 durò 20 anni, influenzò negativamente l’economia del Ducato, economia basata soprattutto sui commerci  marittimi. Da questo momento in poi molte delle famiglie trasferirono i loro interessi commerciali verso la Puglia e, soprattutto durante la prima parte del periodo dell’Infeudazione, la città fu funestata da lotte interne e più tardi anche con la vicina Scala.

Il feudo amalfitano passò dalle mani dei Sanseverino fino a quelle dei Piccolomini di Siena nel 1583 e molte delle famiglie più importanti si trasferirono definitivamente a Napoli, dove continuarono ad esercitare i commerci e gli incarichi presso la corte aragonese. Non tutti, però, lasciarono la natia Ravello, tanto che nel 1583 anche numerosi nobili Ravellesi parteciparono all’azione di riscatto del territorio amalfitano dal dominio feudale, pagando all’ultima discendente, Maria D’Avalos, vedova di Giovanni Piccolomini, che mise in vendita il ducato i 216 ducati aurei: la popolazione della Costa acquistò il possesso facendo divenire questa parte del territorio demanio reale.

Gli storici locali tacciono sui periodi posteriori al riscatto del territorio da parte degli abitanti, quasi che si fosse esaurito il ruolo dell’area nelle vicende storiche, ma anche se si assistette ad un periodo di crisi, determinata dall’allontanamento di molte famiglie da questi luoghi, essi continuarono a vivere e a partecipare alla storia dei secoli successivi. Il Decennio Francese, per esempio, produsse anche a Ravello ricadute negative a causa della riduzione dei siti religiosi e la soppressione di alcuni dei cenacoli monastici più antichi e attivi del territorio.

Con i Borbone, invece, e con la costruzione della strada costiera da Vietri verso Amalfi, il territorio visse un nuovo momento di fortuna anche perché è questo il periodo della scoperta della Costiera da parte dei viaggiatori europei. Le vicende che accompagnarono, poi, l’unificazione dell’Italia videro anche il territorio di Ravello, anche se marginalmente, interessato dal fenomeno di brigantaggio, che soprattutto sulle montagne al confine con Scala registrò la presenza di qualche oppositore al potere politico.

Ravello, però, tornò alla ribalta politica nazionale sul finire della Seconda Guerra Mondiale. Infatti nella cosiddetta Villa Episcopio, proprietà del Principe di Sangro, trovò riparo Vittorio Emanuele III, arrivato qui da Brindisi. Avvenne in questo luogo la firma del passaggio di luogotenenza da Vittorio Emanuele III al figlio Umberto il 12 aprile del 1944 e il giuramento del governo provvisorio, con sede a Salerno, che traghettò l’Italia verso la Repubblica.